Njakhass

La mia cucina afrofusion


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y’a pas mieux dans ton pain

Non so come, ma mio marito è riuscito a portare a casa ben 5 kg di burro d’arachidi in un contenitore precedentemente utilizzato per una nota crema al cioccolato senegalese, l’equivalente della nostra nota crema al cioccolato, ma con una piccola differenza, cioè arachidi al posto delle nocciole. E allora, dato che la crema al cioccolato la facciamo già in casa perchè non provare anche la sua variante africana? Ed ecco qui la nostra ricetta:

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3 quadrati grandi di cioccolato fondente (150 gr)

100 gr di burro d’arachidi

1 bicchiere di latte

½ bicchiere di olio di arachidi

100 gr di zucchero

 

A me piace vincere facile: uso il bimby, ma volendo si può fare anche senza: basta sciogliere a bagnomaria il cioccolato ed aggiungere man mano gli ingredienti finchè il tutto non sia ben amalgamato. Deve risultare leggermente più fluido della crema spalmabile perchè poi, raffreddandosi, si solidifica e raggiunge la giusta consistenza. Con il bimby, la procedura è questa: inserisco i quadratini di cioccolata mentre le lame sono in movimento alla massima velocità in modo da polverizzarla. Aggiungo tutti gli altri ingredienti ed aziono a temperatura 80°C velocità 4-5 per 10 minuti. Come suggerisce lo slogan, il modo migliore di mangiarla è spalmarla sul pane!

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Fataya fusion

Ci ho messo davvero tanto prima di tentare questo piatto, sia per la mia antipatia nei confronti della frittura, sia perchè non ero sicura di cosa andasse esattamente nell’impasto. Alcune ricette senegalesi non hanno delle indicazioni ben precise e possono variare da zona a zona ma anche da cuoca a cuoca. C’è chi mette il burro, chi l’olio di arachidi, chi mette il lievito e chi no. Avevo fatto un tentativo, sforzandomi di ricordare la ricetta di mia cognata (che in realtà non mi ha mai dato la ricetta ma le ha semplicemente preparate davanti a me, perchè è così che si impara a cucinare senegalese: guardando) ma era miseramente fallito: l’impasto era troppo duro e colloso ed in frittura la resa era stata pessima. Nonostante tutto ci avevo riprovato, sforzandomi di ricordare le proporzioni ma dopo il secondo fallimento ho desistito. L’illuminazione mi è arrivata grazie alla mia amica Lara, sempre lei, che oltre ad ispirarmi la ricetta mi ha anche gentilmente concesso la foto. Dopo aver assaggiato la mia pizza mi ha suggerito di usare proprio quell’impasto. Be’ ci ho provato ed è stato un vero successo. Dopotutto potevo arrivarci da sola, sono pugliese: da noi non si fanno i panzerotti? E così ecco la mia ricetta delle fataya senegalo-pugliesi:

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per l’impasto:

1 kg di farina

700 ml di acqua tiepida

2 cubetti di lievito di birra (oppure 300 gr di pasta madre)

un cucchiaino di miele d’acacia

4 cucchiai di olio evo

un cucchiaio di sale fino

In una grossa ciotola, disporre la farina a fontana e scioglierci il lievito con il cucchiaino di miele ed un po’ dell’acqua. Impastare delicatamente per incorporare la farina aggiungendo quasi tutta l’acqua , tenendone da parte una piccola quantità. A questo punto lavorare bene l’impasto finchè non diventa bello elastico e non si stacca dalle mani. Sciogliere il sale nell’acqua rimasta ed aggiungerla all’impasto, insieme all’olio, continuare ad impastare finchè non ridiventa di nuovo bello elastico. Coprire con pellicola e lasciar riposare a temperatura compresa tra i 18 e i 22° C (1 -2 ore se avete usato lievito di birra, 4-5 ore se avete usato la pasta madre)

Per il ripieno di carne

1 spicchio d’aglio

1 piccola cipolla

2 cucchiai di concentrato di pomodoro

200-300 gr di carne bovina macinata

sale, pepe, paprika , peperoncino in polvere

olio evo

soffriggere aglio e cipolla in poco olio, aggiungere la carne macinata e lasciarla rosolare per circa un quarto d’ora. Aggiungere il concentrato di pomodoro e poca acqua, Salare e pepare. Aggiungere paprika e peperoncino in polvere, e lasciar cuocere per mezzora  a bassa fiamma mescolando ogni tanto; deve risultare abbastanza asciutto. 5 min prima di spegnere, aggiungere un po’ di prezzemolo tritato finemente. Aspettare che si raffreddi prima di utilizzarlo

Per il ripieno di tonno

1 spicchio d’aglio

1 cipolla

2 cucchiai di concentrato di pomodoro,

2 scatolette di tonno

sale, pepe, paprika , peperoncino in polvere

un po’ di prezzemolo (facoltativo)

olio evo

Lasciar imbiondire cipolla ed aglio in poco olio evo, aggiungere il concentrato di pomodoro e mescolare bene, dopo circa 5 min aggiungere il tonno sgocciolato e condire con sale , pepe, paprika e peperoncino. Continuare a cucinare per ancora mezzora mescolando ogni tanto ed aggiungendo poca acqua se necessario, Anche questo ripieno deve risultare abbastanza asciutto. A fine cottura aggiungere il prezzemolo tritato e lasciar raffreddare.

Per la salsina

1 spicchio d’aglio,

1 cipolla

1 cucchiaino di dado fatto in casa

olio evo

3-4 cucchiai di concentrato di pomodoro

sale, pepe,

1 peperoncino africano (oppure del peperoncino fresco o secco)

cumino, coriandolo

Soffrigere aglio e cipolla tritati finemente in poco olio evo per pochi minuti , aggiungere il concentrato di pomodoro e mescolare bene. Aggiungere acqua in modo da ottenere una salsa abbastanza liquida. Salare , pepare , aggiungere il peperoncino intero, il dado, un pizzico di cumino, ed uno di coriandolo. Cucinare a fuoco lento per mezzora o più, aggiungendo altra acqua se necessario (deve risultare nè troppo densa nè troppo liquida) Mescolare ogni tanto, schiacciando un po’ il peperoncino per farne uscire il succo.

Procedimento:

con l’impasto formare dei dischetti del diametro di 10 cm, con un cucchiaio porre una piccola parte di ripieno al centro e ripiegare in due ottenendo una mezza luna. Fate in modo che la parte inferiore sia leggermente sporgente in modo da ripiegarla su quella superiore. Sigillare con i rebbi della forchetta.

Scaldare un litro di olio di arachidi in una padella capiente finchè immergendo uno stuzzicadenti non si formino delle piccole bollicine, A questo punto è pronto per friggere. Calare nell’olio non più di 4-5 fataya per non abbassare troppo la temperatura. Inizieranno a gonfiarsi, e saliranno a galla, rigirarle ogni tanto finchè non assumono un colore dorato (non brunito) Scolare dall’olio e porre su della carta assorbente. Ripetere la procedura fino ad aver esaurito tutte le fataya.

Se dovesse avanzare dell’impasto potete friggerne piccoli pezzi , sono delle ottime frittelle. Se invece avanza del ripieno, aggiungendo altra salsa di pomodoro e un po’ d’acqua si può utilizzare per condire la pasta o il riso.

Come si serve:

In un bel vassoio si pone al centro una ciotola con la salsina piccante, e si dispongono tutt’intorno le fataya. Si possono mangiare da sole o intingendole nella salsina.

Versione di ripieno vegetariano/vegano

1 spicchio d’aglio

1 cipolla

1 scatola di piselli (oppure una confezione piccola di piselli surgelati)

2 patate

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro

sale, pepe, coriandolo fresco, cumino in polvere, peperoncino in polvere (facoltativo)

olio evo

far soffriggere aglio e cipolla nell’olio, aggiungere il concentrato di pomodoro e mescolare bene. Aggiungere i piselli, un po d’acqua, sale, pepe e coriandolo tritato e peperoncino. Dopo 10 minuti aggiungere le patate a dadini e lasciar cucinare per altri 10 min (eventualmente aggiungere ancora un po’ d’acqua). Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare. Anche questo ripieno non deve risultare troppo liquido


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L’altro modo di bere… chiaro

Chi non è “vecchietto” come me forse non ricorderà questo slogan del chinotto, chiaramente in antitesi con una nota bevanda scura. Fedele al mio passato di ragazzina degli anni ‘80 sono ancora una gran fan del chinotto, ma uno degli effetti della mixité è che ho imparato ad apprezzare altri tipi di bevande, di cui, fino a poco tempo fa ignoravo l’esistenza. Una di queste è la bevanda allo zenzero o gingembre per dirla alla francese. Nel mio piccolo bottino di aromi e piante dal Senegal, ho trovato anche questi rizomi, più piccoli di quelli che ero abituata a trovare nei supermercati o nei negozi di cibo internazionale, ma decisamente più forti come sapore.

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Non li ho pesati ma dovevano essere circa 400 gr. Vanno pelati e frullati con un po’ d’acqua, infine si aggiunge ancora acqua, zucchero e succo d’ananas (oppure dell’ananas fresco, che è molto più buono, in tal caso va frullato insieme allo zenzero) in quantità variabile a seconda dei gusti. Si filtra per separare la polpa dal succo e si conserva in frigo. Si può anche aromatizzare con estratto di vaniglia o con succo di limone, ma questa versione è la mia preferita perchè la dolcezza dell’ananas smorza un po’ il piccante dello zenzero. E’ una bevanda rinfrescante e dissentante ma anche un potente digestivo. Decisamente molto meglio della nota bevanda …scura.

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Una valigia piena di profumi

Mio marito è tornato dal Senegal e dalla sua pesantissima valigia sono usciti incredibili tesori!!! Gli avevo fatto una lista abbastanza nutrita, credendo che mi avrebbe portato la metà di quanto chiesto. Incensi, erbe, spezie, semi e pesce secco. Non ero sicura che mi portasse anche il pesce secco che … non ha proprio un odore piacevole da chiudere in valigia. E invece ha portato quasi tutto quello che gli avevo chiesto ed anche di più! Ho passato un’ora ad aprire involucri ed annusare. Fantastico! Tra le cose che non mi aspettavo mi ha portato anche dell’okra, che in Senegal chiamano kanja. Era già pulita e tagliata e non del tutto secca per cui, se volevo salvarla dovevo sbrigarmi a cucinare uno dei piatti senegalesi meno amato dagli occidentali: la Soupu kanja. Per via dell’okra e della sua consistenza un po’ vischiosa non è apprezzato da tutti ma una curiosa come me assaggia di tutto e se possibile prova a riprodurre. Tuttavia è solo in seguito a numerosi tentativi ed altrettanti disastri che ho imparato a cucinarlo, ovviamente a modo mio. Un grande assente nella mia versione è l’olio di palma, che invece nella versione originale è un ingrediente fondamentale. In attesa di procurarmi dell’olio vergine (quello di colore rosso)  che non provenga da una monocultura di palma responsabile di deforestazione e distruzione, mi limiterò ad utilizzare l’olio di arachidi, che è il protagonista di quasi tutti i piatti senegalesi.

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500 gr, di riso spezzato

300 gr manzo

1 orata

2 cipolle

2 carote

2 patate

2 spicchi aglio

olio di arachidi

300 gr di okra

2 cucchiai di concentrato pomodoro

1 peperoncino africano

1 manciata di gamberetti

1 pezzo di sardina affumicata (facoltativo)

dado fatto in casa (2 -3 cucchiaini)

2 cucchiai di farina di okra (facoltativo)

1 litro acqua

prezzemolo e menta (facoltativo)

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Lavare bene il riso e metterlo a cuocere al vapore in una cuscussiera o vaporiera.

Soffriggere 1 cipolla con un po’ di olio di arachidi, aggiungere il manzo tagliato a pezzi piccoli e rosolare bene per 5-10 min. Aggiungere il concentrato di pomodoro, il dado e insaporire altri 5 min. Aggiungere l’acqua e lasciar cuocere dolcemente per 15 – 20 minuti.. Aggiungere carote, patate, il pesce a pezzetti sfilettato, una piccola manciata di prezzemolo e menta tritati ed il peperoncino intero. Dopo dopo 10 min rimuovere il peperoncino e una piccola parte del liquido in modo da mettere da parte un condimento piccante che può aggiungere solo chi gradisce). Dopo altri 10 minuti  aggiungere la sardina ed i gamberetti. Intanto lavare l’ocra e tagliarne a rondelle una metà e frullare l’altra metà. Aggiungerla nella pentola insieme alla cipolla e l’aglio tritati molto finemente. Lasciar bollire ancora per circa mezzora, tastando ogni tanto le verdure per evitare di cucinarle troppo. Il sugo deve risultare denso, sia per la presenza dell’okra sia perchè ben cucinato. A questo punto nella ricetta originale andrebbe aggiunto l’olio di palma. Io semplicemente salto il passaggio e spengo il fuoco sotto la pentola. Si serve ponendo alla base il riso bianco cotto al vapore, e sopra il sughetto (oppure di lato) e si guarnisce con le verdure e con fettine di limone che eventualmente possono essere usate per insaporire il piatto.

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In questa ricetta ho omesso volutamente il pesce secco e l’ho sostituito con la sardina affumicata, ma se conoscete qualcuno che può procurarvi del pesce e dei molluschi dal Senegal , buttatevi e provate ad aggiungerli nella vostra cucina. I piatti avranno un sapore particolare e… anche la vostra casa. Ma niente paura, si rimedia con un po’ di incenso!


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Tradizioni vecchie e nuove

Lo so, per chi conosce bene la cucina senegalese, il dado pare essere un ingrediente indispensabile. Ve lo può confermare la mia amica Lara che girerebbe mezzo mondo per procurarsi i suoi preziosi dadi Jumbo, un vero caposaldo della cucina sengalese! Ma a me i piatti piace trasformarli e renderli, se possibile, più sani. Inoltre a ben pensarci, il dado è un ingrediente piuttosto moderno, dal momento che fu inventato intorno alla fine dell’800. In Senegal molto probabilmente è stato importato in seguito alla colonizzazione francese. Ma tutto il resto degli ingredienti, riso, carne, pesce e verdure, quellì sì che c’erano anche prima dell’800 (e anche la colonizzazione, ahimè). Quindi in una cucina veramente ma veramente tradizionale, il dado non dovrebbe comparire. Tuttavia un sistema per farlo comparire senza che diventi il principale protagonista c’è, e cioè farselo in casa. Sono sincera, ho il Bimby, ci metto la metà della metà del tempo a farlo, ma non è poi così difficile anche senza questo elettrodomestico. Ci vuole solo un po’ più di tempo e di pazienza ma il risultato è garantito. Avrete un dado saporito, profumato, che rende gustosi i piatti, ma senza coprirne il sapore. Inoltre è un alimento sano perchè non contiene glutammato (contiene sale però, e tanto, quindi occhio a non eccedere!). Io utilizzo quasi sempre verdure bio. Questo della foto è bio al 100% visto che mi era appena arrivata la cassetta di verdure fresche. Ed ecco qui la ricetta:

1 carota

1 gambo di sedano (con tutte le foglie)

1 cipolla

1 zucchina

1 spicchio d’aglio

un mazzetto di prezzemolo

a piacere altri odori come coriandolo fresco, timo, maggiorana, aneto, finocchietto, rosmarino e salvia, senza eccedere in modo da non categorizzare troppo il sapore del dado

300 gr di sale

1 cucchiaio d’olio evo

(anche le verdure del brodo sono a piacere, potete non mettere la zucchina o potete aggiungere altre verdure che vi piacciono: nel dado della foto ho aggiunto un pezzetto di cavolo rapa, ma giusto un pezzetto per non renderlo troppo “cavoloso” )

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sminuzzare le verdure e metterle a cuocere insieme con l’olio ed il sale a bassa fiamma per circa un’ora o finchè il composto non si sia addensato, quasi cristallizzato considerando la quantità di sale. Passare con un mixer ed eventualmente rimettere sul fuoco se non è abbastanza denso. Travasare ancora caldo in un barattolo di vetro e chiudere bene in modo che si crei l’effetto sottovuoto, anche se in realtà si conserva molto bene per via del sale.Io lo conservo in frigo e mi dura anche dei mesi. Per renderlo ancora più sano si può cucinare senza olio ed aggiungerlo crudo alla fine, anche l’olio in fondo aiuta nella conservazione dei cibi. Due cucchiaini abbondanti corrispondono circa ad un dado, ma conviene sempre metterne poco ed assaggiare per capire quale sia la quantità giusta per insaporire secondo il vostro gusto.

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Questa ricetta la dedico alla mia amica Lara nella speranza che abbandoni i dadi Jumbo!

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La cucina mista di casa nostra

Njakhass in lingua wolof (che è la lingua più diffusa in Senegal) significa misto, messo insieme o mescolato. Può essere, ad esempio, un misto di tanti ritagli di stoffe, che cucite insieme, formano un telo allegro e colorato. Può essere un insieme di cibi diversi, di avanzi, tutti nello stesso piatto. Spesso ci capita di mangiare njakhass a casa nostra, ma in fondo è njakhass tutta la  mia cucina: un po’ italiana, un po’ senegalese, un po’ “rubata” in giro per il mondo. Ma soprattutto è njakhass perchè non mi limito a copiare le ricette, ma le cambio sempre un po’, sia perchè non sempre trovo tutti gli ingredienti, sia perchè, lo ammetto, mi diverte tantissimo improvvisare. Ecco quindi la mia versione del piatto nazionale senegalese: il thieboudienne o ceebu jen (si legge nello stesso modo, la prima è una trascrizione francese) ossia riso con pesce. La mia versione è “italianizzata” proprio perchè non sempre trovo tutti gli ingredienti, ed in più si presta a numerose varianti a seconda del tipo di pesce e delle verdure a disposizione nelle varie stagioni.

Ingredienti:
mezzo kg di riso spezzato (oppure riso basmati)
due orate, o un grosso branzino (la ricetta originale prevede una grossa cernia)
2 cipolle medie
2 spicchi d’aglio
un pezzetto di tamarindo (facoltativo)
un piccolo mazzetto di prezzemolo
2-3 carote
un pezzo di cavolo cappuccio
un tubero di manioca
una patata dolce (oppure un pezzo di zucca)
1 melanzana (oppure un paio di melanzane africane , sono piccoline ed un po’ amare)
1 peperone
un pezzetto di pesce secco chiamato geji (in mancanza io metto le acciughe sotto sale)
un pezzetto di mollusco chiamato yet (oppure una manciata di cozze e/o di gamberetti)
concentrato di pomodoro
olio di arachidi (ma io uso spesso l’olio di oliva)
sale, pepe , paprika e un bel peperoncino africano (in mancanza di questo, va bene anche del peperoncino fresco o secco)

Le verdure sono a piacere e dipendono molto da ciò che avete in casa nonché dalla stagione. Ma la procedura base è questa:

Fate un battuto di cipolla, aglio, prezzemolo, sale , pepe, paprika, olio e peperoncino. Questo è un ingrediente base della cucina senegalese che si chiama “nokoss”. Nella versione originale ci vorrebbero anche uno o due dadi Maggi o Jumbo, molto diffusi in Senegal ed altri paesi africani, ma io non uso dadi nella mia cucina. A parte tagliate a dadini un’altra cipolla e fate un soffritto in una pentola capiente, aggiungete al soffritto un po’ di “nokoss”. Aggiungete qualche cucchiaio di concentrato di pomodoro, e lasciate insaporire mescolando bene. Infine aggiungete un litro e mezzo di acqua. Al bollore aggiungete le varie verdure mondate e lasciate intere o tagliate a grossi pezzi a seconda delle dimensioni. (le carote intere, la manioca a pezzi, ecc) Aggiungete il geji (si compra nei negozi di cibo internazionale) oppure una o due acciughe sotto sale, dopo averle lavate e private delle spine (in questo modo si possono sciogliere nel brodo) il pezzetto di tamarindo ed il peperoncino intero. Intanto eviscerate e squamate il pesce e tagliartelo in grossi pezzi. La ricetta originale prevede che venga fritto, anzi prima di friggerlo vengono praticati nella polpa dei grossi tagli in cui si inserisce un battuto di aglio prezzemolo, peperoncino, sale, pepe e dado, che si chiama “roff” . Io però non lo friggo, lo cucino in infusione. Lavate bene il riso per privarlo un po’ dell’amido e se possedete una cuscussiera cucinatelo a vapore poggiando la parte bucherllata proprio sul sughetto in cottura, altrimenti passatelo una decina di minuti al microonde al massimo della potenza. Dopo circa 20 min aggiungete il pesce con le cozze ed i gamberetti, ed una parte del nokoss preparato precedentemente. Lasciatelo cucinare nel sughetto per circa mezzora o perlomeno finchè non sia ben cotto, ma non del tutto disfatto. Dopo mezzora si rimuovono pesce e verdure (attenzione anche al peperoncino) e si tengono da parte, al caldo con un po’ del sughetto. A questo punto viene la parte difficile, bisogna considerare la quantità di liquido rimasta e la quantità di riso cotto parzialmente al vapore. Il riso va versato nel sughetto e deve esserne ricoperto abbondantemente. A parte una mescolata iniziale non va più toccato. (se non verso la fine per verificarne la cottura).  Se c’è poco liquido aggiungete un po’ di acqua ed il rimanente nokoss, se ce n’è ancora (altrimenti un po’ di sale). Deve cuocere a bassa fiamma per circa mezzora preferibilmente senza coperchio (ma dipende dal grado di cottura e dal tipo di riso). Alla fine deve risultare ben cotto ma asciutto un po’ come il riso pilaff. Si serve tutto in un grande, unico piatto di portata: sul fondo il riso e sopra il pesce e le verdure. Si guarnisce con limoni tagliati a metà, da spremere su riso e pesce. Se non vi piace il sapore piccante, non aggiungete il peperoncino, nè intero nel sugo, nè nel nokoss, però durante la cottura se lo desiderate potete mettere un po’ del sughetto in una ciotola, aggiungere della salsa piccante (tipo harissa) e mescolare bene. In questo modo può essere utilizzato solo da chi lo gradisce.

Come si mangia? Con le mani naturalmente! La padrona di casa si occupa di pulire il pesce e servirlo in piccoli pezzi ai commensali. Con la mano destra ognuno raccoglie una piccola porzione di riso, verdure e pesce, e con il palmo crea una piccola pallina da portare alla bocca. Se non vi piace mangiare con le mani, usate pure il cucchiaio. Buon appetito!Immagine